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Stipendio medio in Italia: salario mensile nel 2024
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Lo stipendio medio in Italia è un dato fondamentale per capire come va il mercato del lavoro e il benessere delle persone. Nonostante un leggero aumento degli stipendi negli ultimi anni, l’Italia resta indietro rispetto ad altri paesi europei. Il salario mensile varia molto a seconda del settore, della regione e dell’esperienza del lavoratore.
In questo articolo analizzeremo quanto guadagna mediamente un lavoratore in Italia nel 2024, esaminando le principali differenze per area geografica e genere.
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Qual è lo stipendio medio in Italia?
Il report JP Salary Outlook dell'OCSE ha rivelato che nel 2023 l'Italia ha registrato una retribuzione annua lorda media di 44.893 euro (3.741 euro al mese), con un aumento dell'1,8% rispetto all'anno precedente. Questo posiziona l'Italia al 21esimo posto tra i 34 Paesi OCSE analizzati.
In cima alla classifica troviamo l'Islanda, con un salario medio di 79.473 euro, seguita da Lussemburgo (78.310 euro) e Stati Uniti (77.463 euro). All'estremità opposta, Grecia e Messico si collocano tra gli ultimi con salari medi di 16.600 euro, evidenziando le forti disparità.
Stipendio medio in Italia: un confronto con l'Europa
Quando si parla di stipendio medio in Italia, è inevitabile confrontarlo con altri paesi europei. I dati Eurostat, basati sul potere d'acquisto, offrono una visione chiara delle retribuzioni, aiutandoci a capire meglio le dinamiche salariali in Italia rispetto al resto d'Europa.
Nell’Osservatorio delle libere professioni leggiamo che in Europa lo stipendio medio lordo annuo è di circa 40.000 euro, mentre quello netto si aggira sui 28.000 euro. In Italia, invece, il reddito lordo medio è di circa 33.000 euro (2.750 euro al mese) e quello netto 24.000 euro, al di sotto della media europea.
I paesi con le retribuzioni più alte sono Svizzera, Germania e Lussemburgo, dove i redditi superano i 50.000 euro lordi, mentre in Slovacchia e Romania sono tra i più bassi, con meno di 20.000 euro lordi.
Le tasse e i contributi in Italia
In Italia, il carico fiscale incide pesantemente sullo stipendio netto: il 22,1% delle retribuzioni lorde va in tasse, rispetto alla media europea del 16,6%, posizionando l'Italia tra i paesi con la pressione fiscale più alta. Paesi come la Danimarca compensano con contributi previdenziali più bassi, mentre in Italia la pressione fiscale riduce significativamente il potere d'acquisto.
Negli ultimi dieci anni, l'aumento delle retribuzioni è stato lento, con una crescita media dello 0,9% annuo fino al 2019. Dopo la crisi del 2020, che ha visto un calo del 4,3%, si è registrata una ripresa nel 2021-2022, ma nel 2023 l'incremento è stato solo del 2,5%, inferiore a quello di paesi come Francia e Germania.
Nel Rapporto Annuale 2024 dell’ISTAT, si evidenzia che negli ultimi anni gli stipendi in Italia non sono riusciti a tenere il passo con l'inflazione. Tra il 2021 e il 2023, mentre i prezzi sono aumentati del 17,3%, le retribuzioni contrattuali sono cresciute solo del 4,7%. Questo ha ridotto il potere d'acquisto di molti lavoratori.
Fortunatamente, verso la fine del 2023 e l'inizio del 2024, si è vista una piccola inversione di tendenza: gli stipendi hanno iniziato a crescere più velocemente dell'inflazione. Inoltre, il numero di dipendenti in attesa del rinnovo del contratto è diminuito dal 53,6% al 34,9%, segnalando un miglioramento nella situazione lavorativa. In sintesi, dopo anni di difficoltà, ci sono segnali positivi per il futuro delle retribuzioni.
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La povertà lavorativa in Italia
La povertà lavorativa in Italia colpisce soprattutto chi ha retribuzioni basse e contratti precari, come quelli a termine o part-time, che riguardano in modo sproporzionato donne, giovani e stranieri. Nel 2022, circa il 30% dei dipendenti italiani percepiva un reddito annuo basso, con percentuali ancora più alte tra chi ha contratti non standard. Il 35% delle famiglie italiane ha almeno un componente con un reddito inferiore alla soglia minima, aumentando il rischio di povertà.
La stagnazione salariale è dovuta a diversi fattori, tra cui l'inflazione, la diffusione di contratti precari e la riduzione di quelli a tempo indeterminato, con conseguenze più pesanti per le categorie vulnerabili come donne e giovani, ampliando il divario salariale e aggravando le condizioni economiche di molte famiglie.
Nel 2024, i salari in Italia sono ancora condizionati da numerose sfide. In particolare, i salari reali, cioè quelli aggiustati per l'inflazione, sono ancora inferiori rispetto ai livelli pre-pandemia. Secondo i dati OCSE, nel primo trimestre del 2024, i salari reali erano più bassi del 6,9% rispetto al 2019. Questo rende l’Italia uno dei Paesi con il peggior calo tra le economie avanzate.
Nonostante la crescita lenta dei salari, il mercato del lavoro ha registrato miglioramenti. Nel maggio 2024, il tasso di disoccupazione in Italia è sceso al 6,8%, segnando un miglioramento rispetto ai livelli pre-pandemia. Tuttavia, il tasso di occupazione rimane inferiore alla media OCSE: 62,1% contro il 70,2%.
Le differenze del salario medio in Italia tra Nord e Sud
La differenza tra lo stipendio medio annuo al Nord e quello al Sud e nelle isole è di circa 3.700 euro. Nel 2022, secondo i dati elaborati dall’Ufficio studi CGIA su base INPS, al Nord gli operai hanno lavorato mediamente 28 giorni in più rispetto ai colleghi del Sud (253 giorni contro 225).
Questa differenza è legata principalmente alla maggiore presenza di contratti precari e lavori stagionali nel Sud, soprattutto nei settori del turismo e dei servizi. Inoltre, l'elevata diffusione dell'economia sommersa al Sud riduce il numero di giornate lavorative ufficialmente conteggiate, incidendo ulteriormente sulle retribuzioni e le condizioni lavorative.
Gender pay gap in Italia
Nel rapporto JP Salary Outlook dell'OCSE, viene evidenziato che il gender pay gap in Italia è ancora una questione rilevante. In media, gli uomini guadagnano il 7,3% in più rispetto alle donne. Il divario è più evidente tra gli impiegati, dove arriva al 9,9%.
Nonostante alcuni progressi negli ultimi anni, la disuguaglianza di genere persiste soprattutto nelle posizioni di medio livello, suggerendo che le donne continuano a incontrare ostacoli significativi per raggiungere la parità salariale, soprattutto in determinati settori e ruoli professionali.
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Sull'autore
Natalia è una content writer con oltre 5 anni di esperienza nella creazione di contenuti digitali per importanti multinazionali. Laureata in Lingua e Letteratura Italiana presso l’Università Niccolò Copernico di Toruń, in Polonia, ha conseguito una laurea magistrale con Specializzazione in Linguistica presso l’Università di Varsavia. Natalia ti spiegherà in modo semplice e immediato come scrivere un CV e una lettera di presentazione per ogni lavoro. Tutti i suoi articoli sono affidabili al 100% e rispecchiano pienamente le linee editoriali di LiveCareer.
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